
La Quarantena

Credo questo sia il periodo più strano e oscuro che la nostra generazione stia vivendo. Un momento fatto di incertezza, di paure e di ansie. E’ una guerra in cui, al posto delle armi, c’è un virus che ci minaccia. Lui non guarda in faccia ad etnie, credo o posizione sociale. Tutti siamo potenziali bersagli con poche armi a disposizione per combatterlo, anzi. L’unica cosa che possiamo tutti fare per evitarlo, è quello di rinchiuderci nelle nostre case, annullare qualsiasi tipo di rapporto umano, vita sociale e contatto con gli altri esseri umani.
Dopo oltre un mese di clausura, mi piace analizzare i miei sentimenti, come sono cambiate le sensazioni, come è cambiato il mio rapporto con questa vita, perchè penso sia un’esperienza comune a molti altri, non valida solo per me.
Inizialmente la paura ha fatto da padrona, al minimo sternuto o brivido passeggero, malessere o mal di gola ci si provava la febbre, si temeva per la propria incolumità. Complice anche le notizie televisive che sono state di altissimo impatto nel primo periodo, hanno letteralmente seminato il terrore tra la popolazione. La quarantena anche volontaria è stata da subito uno strumento di salvaguardia e di auto protezione. Gradualmente, poi, sono arrivate anche le disposizioni ministeriali che hanno contribuito a capire meglio come comportarsi, l’igiene e la distanza sociale sono stati i temi fondamentali di questo momento storico. Ed ecco che inizia la diffidenza verso gli altri, il distanziamento sociale imposto ma anche cercato, il timore di incrociare sguardi, di sfiorare spalle camminando, del colpo di tosse di chi ci camminava accanto. Come se ognuno di noi fosse una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in qualsiasi momento. Inizia in TV la conta dei morti, iniziano le zone rosse che vanno ad espandersi nel tempo, inizia il panico tra i sanitari, le strutture ospedaliere non reggono più, mancano le mascherine, i guanti, i disinfettanti.
E noi, impotenti, davanti agli schermi in attesa di una parola di speranza che non arriva. Capiamo sempre meglio la gravità della situazione, increduli. Non può capitare a noi, non può capitare nel 2020. C’è il progresso, siamo nell’era digitale, un virus può essere così tremendo da mettere in ginocchio il mondo intero? Evidentemente sì.
Ecco che inizia la fase in cui capiamo che siamo reclusi in casa, non per un paio di giorni, neanche per una settimana. Non si sa più niente, non si capisce cosa fare e come comportarsi. Le notizie, vere e false, rimbalzano in tutto il mondo alla velocità della luce. E noi abbiamo l’istinto di ribellarci a questa imposizione di clausura, i nostri ritmi sono troppo veloci per capire che stare in casa vuol dire veramente stare in casa. I nostri corpi non sono abituati a tempi lunghi, le nostre menti sono ormai organizzate per vivere una vita ad incastro, per pianificare tutto, dalla doccia alla spesa, dal trasporto dei figli qua e là al bucato. Tutto trova un posto, tutto trova uno spazio.
Rimodulare il tempo e lo spazio, ecco quello che ci viene chiesto.
Ed ecco che molti si sentono persi, le prime giornate passano strane, il tempo scivola via perchè non abbiamo più bisogno di controllarlo e quindi non sappiamo più usarlo.
Per fortuna, però, l’uomo è capace di un innato senso di adattamento, che gli permette di modificare le abitudini per sopravvivere ad un nuovo mondo. Ecco che quindi ci organizziamo delle nuove routine, ci rendiamo conto che tutto il tempo che adesso abbiamo a disposizione può essere impiegato per tante cose che non riuscivamo a fare prima: doveri ma anche piaceri. Quell’armadio mai sistemato in anni, quel libro ancora chiuso. Una nuova ricetta da provare, un nuovo hobby da iniziare, la parete da imbiancare o stendersi mezz’ora a prendere il sole sul balcone o in giardino. Possiamo fare tanto, il tempo è diventato liquido, ma sta a noi trovare un nuovo modo di gestirlo, a volte di guardarlo scorrere.
E’ importante non lasciarlo andare via vuoto, inutile. Non ci capiterà mai più di averne così tanto a disposizione, di poter stare con la nostra famiglia a pranzo e a cena, di poter decidere cosa fare delle nostre giornate senza che ci siano sveglie, scadenze, aspettative. Questa è la fase più delicata: trasformare le nostre ansie e le nostre paure in un momento magico in cui ci possiamo riprendere quello che gli obblighi imposti dalla società ci aveva tolto. Il nostro TEMPO. Non possiamo fare niente per la situazione attuale, non siamo responsabili di quello che sta succedendo, seguendo le regole di distanziamento abbiamo fatto l’unica cosa per noi possibile. Ora cerchiamo di vivere bene, di respirare, di assaporare i minuti senza corse, senza obblighi. E’ una grande opportunità quella che ci viene data, cerchiamo di coglierne i lati positivi senza pensare a quello che ci aspetterà. Lo sappiamo tutti che saremo rovinati economicamente e che non saremo più gli stessi, ma al momento possiamo solo aspettare, non ha senso continuare a pensare al futuro, così incerto e ignoto come mai prima d’ora.
Pensiamo ad OGGI, a quello che possiamo fare perchè tutto non sfugga via, come sempre.
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Pilea Peperomioides
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3 Comments
Lorenzo
Bellissima riflessione
Laura Bertucci
Grazie, cerchiamo di trovare i lati positivi altrimenti si impazzisce!
web-dl
Hi there friends, its impressive piece of writing concerning cultureand fully defined, keep it up all the time. Cathi Tiebout Anana